lunedì 19 febbraio 2007

Sono lurido

Sono lurido.
Mentre sprofondo nella poltrona di alcantara, o velluto, o cotone fine – non c’è abbastanza luce, non sono sicuro… faccio mica il tappezziere – di una cosa sono certo: sono sempre più lurido.
Sono lurido.
O meglio mi sento lurido.
Sono un evaso, un reietto, un lebbroso, un rifiuto umano, non cammino, striscio, mi aggrappo e mi trascino, non parlo, mugolo, grugnisco, sputo e mi nascondo, nessuno mi deve vedere adesso. Nessuno mi deve intercettare. Mi eclisso e sono invisibile… magari!
E invece sono lurido. Lurido e visibile.
E lei?
Lei è lì, immobile. Distesa sul mio letto, semi coperta dalle lenzuola di lino – sarà lino? Sì questo lo so… è lino! No, non faccio il tappezziere, le ho comprate io, due settimane fa… da allora non le ho mai cambiate – sospetto che lei non lo sospetti.
Ecco il segreto! Senza coscienza le cose sembrano migliori, lei immagina tutto candido, bellissimo. Anche me. Come se tutto fosse pulito, immacolato… anzi di più: scintillante!
Se non avessi la coscienza anche per me sarebbe tutto così. Lei poggia la testa sul cuscino che non è più lo scarto della cameretta vecchia di mia sorella, ma è il paffuto ornamento del pied-a-terre del Re Sole.
E poi dorme, sogna, sembra addirittura che sorrida, respira l’aria pura dei sogni, beve alla fonte immacolata della fantasia, se la gode nel suo eden virtuale di incoscienza.
La stronza.
Io l’ammazzo.
Le premo le dita sulla bocca e l’ammazzo. No, più forte. La lego e la scuoio, la strozzo, le sparo, l’annego, le rompo la terza vertebra cervicale.
Magari…
Non ne sarei mai capace.
Ammesso che sapessi trovarla la terza vertebra cervicale...
Sono un codardo.
Però…
Però potrei svegliarla e dirle tutto.
Svuotare il sacco.
Dirglielo finalmente che mi fa schifo che la odio.
Che tutti quei particolari intimi e deliziosi, tutti i segreti di quel corpo che volevo esplorare, frugare e conoscere a qualsiasi costo fino a poche ore fa, ora mi nauseano, me la fanno letteralmente odiare. Perché se non ci fosse la pena di doverla ancora considerare una donna… Una donna che è venuta a letto con me… forse…
Dico io ma chi glielo ha fatto fare?
Sono le quattro, sono passate tre ore dall’orgasmo (croce e delizia di questa serata, unica ricompensa delle precedenti e condanna delle ore successive). Sono passate cinque ore dal rientro a casa, otto dalla cena.
“ti offro su caffè, vieni su da me?”
“Va bene!”
Va bene un cazzo!
Ma dì di no, dì di no! Non lo sai che ti voglio scopare? Non lo sai che sono tutte scuse per portarti a letto? Per fare sesso e poi sentirmi un a merda? Eh? Non lo sai?
Sì. Sì che lo sai. E ci godi. Impazzisci all’idea di essere così bella da condizionarmi a chiedertelo : “ti offro un caffè, vieni su da me”!
Ma era tutto stabilito in partenza. Già. Quando ti vai a fare i capelli, le mani, le unghie dei piedi. Quando ti fai la ceretta e menti a te stessa dicendo che lo fai per te, per sentirti a posto… Non è vero! Era tutto preparato per me. Un tranello, la trappola, il formaggio nella gabbietta, il lazo in tensione, la tagliola pronta a scattare. E l’animale (io!) braccato, istigato, costretto dagli ormoni… A colpi di crema esfoliante, a chiedertelo: “ti offro un caffè…”.
E io che sono lurido. E non mi è neanche mai piaciuto il caffè!
Sono un lurido che non si controlla, che non riesce a trattenersi.
Perché sono un debole, un perdente cronico, una marionetta.
Ma questa volta è l’ultima, lo giuro davanti a dio, un voto solenne, una promessa al Papa, un bacio a Riina! Di ridurmi così non ne posso più.
Meglio distrarsi un attimo.
Cosa c’è sul comodino? Un libro? No, è una risma di fogli A4.
Bianchi.
Ah che bello il bianco.
Una meraviglia, il nulla, la purezza, l’innocenza, la storia ancora da scrivere.
Tutto da decidere.
…Si è mossa.
È sveglia? No dorme profondo . è snella pura e s’incastra alla perfezione con tutto quello che la circonda. E il viso?… Una ninfa. Una ninfa leggiadra incastonata nel bianco delle lenzuola.
Certo una ninfa con un tatuaggio tribale sopra il culo…
Sembra quasi che sorrida.
Ma, sorride davvero! Che fa, sfotte? Anche nella fase rem del sonno se la ride di me. Mi domina, mi umilia, mi sottomette.
Sto delirando.
Mi tocco la fronte sudaticcia, il petto, le spalle.
Non è male toccarsi.
Nel senso del prendere coscienza del proprio corpo. È piacevole, ti dà un senso di… di.. esistenza.
E se mi nascondessi?
Sì, scappo lontano, mi licenzio, prendo le mie cose e chi s’è visto s’è visto. Mi trasferisco in Romania e chi s’è visto s’è visto. Ciao a tutti.
Perché in Romania? Ah già i vampiri.
Ma quale fuga?!? Non ce la farò mai, è troppo da duri. Ci vogliono le palle. E io non ce l’ho. O per lo meno le uso per fare stronzate, come stasera.
E poi non c’è posto abbastanza lontano per scappare da se stessi.
Eppure una soluzione ci deve essere, qualcosa che ci tiri fuori dall’autocommiserazione, una via d’uscita, una soluzione finale, per non cascarci più.
Mi muovo.
Accavallo le gambe (quando si è nudi bisogna farlo con calma, con attenzione).
Mi tocco ancora una coscia. Il ginocchio.
Sì, ci deve essere una via d’uscita, una soluzione finale.
Mi accarezzo con amore il ginocchio, freddo, un po’ sudato.
In fondo è vero.
Non è male toccarsi.

Creative Commons License
Questo/a opera è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.

Nessun commento: