martedì 15 luglio 2008

Noi non siamo normali

Noi non siamo normali,

Erbacce in un campo

di papaveri senz' oppio.

Noi valiamo il doppio.



Noi non siamo normali.

Sacerdoti e fedeli

di culti immorali.

Noi siamo Immortali.



Noi non siamo normali.

Eppure rimaniamo fedeli,

rose spinose nell’alto dei cieli,

Unico fiore di tutti i mali.

venerdì 11 luglio 2008

Il fastidio di Mr. P

-Scusi, ha una penna?-

-No, ma ho un’ottima memoria.-

La bionda tanto sprovveduta quanto sprovvista di penne, rimase improvvisamente anche a corto di parole. Quando si indossa un miniabito nero con la scollatura profonda come la fossa delle marianne e i capelli freschi di parrucchiere, non ci si aspetta una risposta simile. La bocca che l’aveva proferita continuava ostinata a fumare una sigaretta dal fumo blu.
Il fatto che in quel breve lasso di tempo si fossero materializzate decine di penne di fronte a lei la lasciò piuttosto indifferente, pescò la prima dupont d’oro dal mazzo e scrisse noncurante un numero di telefono sul sul retro delle sue capri ultraslim. I suoi occhi lanciavano, furtive occhiate in tralice, a quell’arrogante esemplare di maschio milanese. Ad un osservatore esterno, ferrato in cinematografia americana degli anni cinquanta, la scena poteva richiamare un frammento di “Gli uomini preferiscono le bionde” dove una Marilyn in forma smagliante sgambettava per il palco inseguita da ballerini col cuore in mano. In questo caso il corpo di ballo era formato da soggetti meno disinvolti e più attempati ma agilissimi nell’estrarre accendini, penne e banconote per offrire da bere alle Marilyn di turno.
Restituì la penna e, guardandolo ancora una volta, incespicò sui gradini traditori del Pelouche
-Faccio da sola- li fulminò con lo sguardo.
Dieci paia di mani erano già pronte a sostenere le sue rotondità.
Lui, neanche un plissé, continuava imperterrito a fumare perso nei suoi pensieri. Erano rientrati quasi tutti.

-Non entri? Stasera c’è la riffa, ma io ho già vinto!-

Alan, mentre diceva questo, lo guardava con gli occhi lucidi e furbi di un bambino che ha appena rubato la marmellata.

-Le ho dato il mio numero di telefono.-

-Che cos’è un impresario?-

-Bah, non ti ascolto nemmeno, ma ‘hai vista?-

-si, di sfuggita.-

-credo che questa sera non ci sarà molta gara.-

-Ti candidi anche tu?-

-Oggi sei più corrosivo del solito.-

-Ma no, è che... Stasera, avverto un certo fastidio...-

To be continued...

Foto di: Lady AnnDerground

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giovedì 3 luglio 2008

Del perchè sarò un tennico a vita

Si, a fine mese appendo il mouse al chiodo, quello dell’ufficio almeno. Ma, c’è un ma. C’è sempre un ma. Il mio si è materializzato sotto forma di cognato tecno-negato. Certe persone non dovrebbero poter accedere alla tecnologia. Dovrebbero limitarsi ai televisori (meglio se a valvole) al cellulare o a tipi di tecnologia che non necessitano di essere capiti per funzionare (ad esempiol’ABS dell’automobile).

-Pronto Peppo?-
-Seeeeeee.-
-Ti disturbo.-
-mannò figurati, dimmi tutto.-
-Non mi va internet.-
-Gnngnggg (rumore di denti che digrignano), ehm... Si.-
-Ho già chiamato Telecom e dicono che non è un problema loro.-

Apro un piccolo inciso, sono poche le colpe non attribuibili a Telecom. Inoltre i call center sono situati su di un satellite geostazionario in orbita nella spazio e i cervelli in assenza di gravità iniziano a dare segni di squilibrio.

-Mi hanno detto che se voglio il tennico ci vogliono 24 euro, non è che hai tempo di passare?-
-SSSi, ma non precipitiamo, hai controllato i cavi?-
-Si, si sono tutti a posto.-
-Vaaaaa bene, passo stasera.-
-Grazie, grazie, grazie, grazie...” (ad libitum).

...Poche ore più tardi.

-Drin, drin...-
-Ciao, grazie, grazie, grazie....” (ad libitum).
MI siedo davanti al computer, controllo il cavo di rete, oh, oh, è leggermente fuori, trick ora è a posto. Digito: www.google.com. Funziona!

-Ma, ma, funziona, come hai fatto?-
-Il cavo non era a posto!-
-Oh, io li ho controllati solo sotto.-
-Ad un cliente, uno scherzo simile era costato 130 euro più iva, anzi no 195, ero uscito in urgenza.-
-Che fortuna vere un cognato tennico.-
-Eh già, che culo, che culo!
-Grazie, grazie, grazie.” (ad libitum).

Risalito sul mio cavallo bianco, mi allontanai nell’arancio tiepido del tramonto.

Foto di: Kenyee

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